Tim Cook e il futuro
Tim Cook e il futuro
Chi mi segue con regolarità sa che occasionalmente mi interesso ai risultati finanziari di Apple. Principalmente lo faccio perché in mezzo ai numeri emerge qualche dato di fatto sui prodotti che illumina la strada ai consumatori come me. Per esempio, nella conferenza stampa del 23 aprile 2013, Tim Cook ha dichiarato che "Our teams are hard at work at some amazing new hardware, software, and services that we can't wait to introduce this fall and throughout 2014," Ovvero, ci sarà una nuova linea di prodotti in autunno 2013, presumibilmente in tempo utile per finire sotto l'albero di Natale e nelle calze della Befana. Da sempre il trimestre autunnale è il più proficuo per Apple.
Il mio interesse nell'andamento societario della casa di Cupertino in questi giorni è più alto del consueto. Nei giorni scorsi è però girata con insistenza una voce, ripresa anche da Repubblica qui da noi, secondo la quale a Tim Cook potrebbe venir chiesto di dimettersi, a seguito di risultati poco entusiasmanti e del calo nel valore delle azioni. Un cambio di amministratore delegato è sempre epocale in Apple che dalla sua fondazione ha conosciuto ben poche mani al timone: Jobs I, Sculley, Spindler, Amelio, Jobs II e Cook. Quindi la sola possibilità di un cambio al vertice, specialmente dopo un tempo così relativamente breve dalla scomparsa di Steve Jobs, merita attenzione.
Cominciamo allora col dire che i risultati trimestrali annunciati il 23 aprile sono pienamente soddisfacenti. Superiori alle attese medie degli analisti finanziari che seguono Apple. iPad ha fatto il boom, con un +60% rispetto allo stesso trimestre dell'anno scorso, ma sono andate bene tutte le linee di prodotto, con l'eccezione dei mac che sono calati un po', ma a fronte di un calo cinque volte e mezza più sostenuto nel comparto generale dei personal computer, cui essi appartengono. Per dire la stessa cosa da un altro punto di vista, un sacco di consumatori saggiamente acquistano un iPad anziché un MacBook Air, perché per quel che ci fanno i due oggetti sono equivalenti e l'iPad costa un po' meno e ha la batteria che dura di più.
I risultati non entusiasmano i critici di Cook, perché i margini (cioè l'utile che Apple fa su ogni prodotto venduto) è meno alto che in passato. Però, gente, guardatevi attorno e ditemi se questo è il momento per proporre alle folle oggetti molto costosi o se non è il caso in questa congiuntura di provare a muovere più merce mettendo prezzi più bassi sui cartellini.
Con questo non voglio dire che Apple stia andando così bene che meglio non si può -- innanzitutto perché io sono del tutto non qualificato a fare analisi del genere. Però, visto che seguo questa azienda da 33 anni credo di aver capito qualchecosetta di come funziona e su questo qualcosa di poter anche dare lezione ad alcuni analisti di professione che francamente non sanno fare il loro mestiere. Il mestiere di un analista che viene remunerato per saperne su Apple -- più di chiunque altro -- è relativamente semplice da capire. Alza il sedete dalla tua sedia e va in Cina. Vai a mangiarti un'anatra laccata alla Pechinese, che è squisita (e lo dice uno che di solito non mangia carne) e invita al tuo tavolo un po' di gente che lavora per fornitori di Apple. Fai scorrere la birra e scopri che Apple ha ordinato, con consegna entro sei-nove mesi, un milione di miliardi di schermi da un pollice; tornatene a casa urlando "sta per uscire lo iWatch e ne butteranno sul mercato un milione di miliardi. Se invece Apple sta acquistando un milione di miliardi di schermi da 52", grida "iTV, iTV". Eccetera.
Gente così, se c'è, va ascoltata con attenzione anche (mi ripeto) da chi non ha mai acquistato una azione Apple né intende acquistarne, ma vuole sapere, da consumatore, cosa potrebbe acquistare di utile, divertente, o professionalizzante. Il problema è che la maggior parte della gente con la scritta "analista" sul biglietto da visita è l'equivalente moderno degli aruspici che provavano a predire il futuro nelle interiora dei pesci o nel volo degli uccelli. C'è gente che si arma con la cosiddetta "analisi tecnica", la quale è una pseudoscienza basata sulla credenza religiosa che una delle sequenze numeriche più semplici esistenti in matematica (la serie di Fibonacci) possa avere qualcosa a che fare con l'andamento delle azioni. La serie di Fibonacci è abbastanza semplice da venire compresa e usata anche da queste anime semplici, le quali la usano proprio come gli astrologi hanno imparato a usare semplici strumenti per sapere che Giove entra in congiunzione coi Gemelli e derivare da questo moto del tutto apparente qualche illazione sulle influenze per persone che si trovano a miliardi di chilometri di distanza dalle stelle che appaiono in cielo e dalla loro capacità fisica di esercitare forze di qualsiasi natura.
Chiudo con una postilla, questa sì, di natura economica oltre che personale. Un paio di mesi fa ho scritto di aver acquistato un modestissimo numero di azioni Apple. Da quando l'ho fatto, le azioni sono scese un filo. Faccio spallucce, perché l'intenzione (come avevo scritto due mesi fa) è comunque di tenerle sino a fine 2013. Non ne acquisto altre, non mi preoccupo, non ne vendo, sospetto e spero che il nuovo apparecchio che Cook e i suoi vorranno introdurre fra tre-sei mesi possa fare il botto, e sto quieto. Noto che, tra gli annunci di iersera, c'è anche la decisione Apple di spendere sessanta miliardi di dollari da qui al 2015 per ricomprare azioni proprie -- una classica manovra architettata a tavolino per far salire il valore delle azioni rimaste sul mercato, per semplice effetto della legge della domanda e dell'offerta). Vedo che Apple pagherà agli azionisti come me circa il 3% del valore delle azioni in dividendi nel 2013. Son sempre meglio dei bond italiani, secondo me: me le tengo.