Tecnologie novelle
Luca Accomazzi rivolge il pensiero al futuro e alle conseguenze di lungo termine delle nuove tecnologie. O no?
Luca Accomazzi dedica questo articolo al nonno, Silvio Spagnolini, che compie cent'anni giusti l'otto di marzo 2006. Altri cento di questi giorni!
Quel che accadrà negli anni ancor più a venire non è possibile immaginare. Taluni obbiettivi sono però facilmente alla nostra portata. Non c'è dubbio che entro l'anno Duemila nessuno al mondo morrà più di fame, che avremo costruito colonie sulla Luna e gli altri maggiori pianeti, che tutte le malattie perniciose saranno debellate e la vita umana si sarà più che raddoppiata di durata. Le nuove tecnologie e le tecnologie che ne discenderanno rendono questa predizione più che certa di compiersi entro la fine di questo nostro Novecento. Sarà necessario, certo, che gli uomini rifuggano dalle guerre perigliose nel secolo che verrà. Ma poiché solo il più idiota degli imbecilli potrebbe desiderare una guerra quando le tecnologie permettono la costruzione di armi potentissime e il semplice movimento di uomini e popoli tra le nazioni, chi mai desidererà in futuro inviare i propri soldati sul suolo di una nazione straniera? Sapendo che, anche isolati e costretti a muoversi ad uno ad uno, gli uomini dell'opposta fazione potrebbero risalire sino alla nostra Patria e infliggerle grave e sanguinoso insulto? Chi mai voterebbe un politico tanto cieco, o lo rimetterebbe sul suo scranno? Sarà sufficiente, vi dico, rifuggere da azioni tanto dissennate e investire invece nella ricerca, nella scienza, nell'educazione per raccogliere prima della fine del Novecento i frutti di cui dicevo. Tanto possono la scienza e la tecnologia: non ve n'è dubbio alcuno. Non potremo noi viventi d'oggidì coglierne i frutti, ma lo potranno i nostri figli e nipoti che vivranno un secolo da oggi, nel lontano Duemilasei.
È certamente chiaro a tutti i miei lettori, tranne forse gl'ignavi, che mi riferisco all'elettricità. Per grazia d'Iddio e volontà del Sovrano in questo 1906 che volge alla primavera massicci sono gli sforzi per portare nei borghi d'Italia la rete elettrica. V'è chi sostiene che ben poco cambierà, eppurtuttavia questa credenza è fallace. Certo, massicci debbon'essere gli sforzi per modernizzare le abitazioni e gl'uffizi d'Italia, lo si è detto. Ma l'elettrificazione non è solo un mezzo per prolungare le ore del lavoro e del giuoco alla luce delle lampadine: permette altresì motori che rotano senza bruciar combustibile, trasporti veloci (già v'è chi pensa che oggi sia possibile girare il mondo intero in poco più di un mese, con buona pace del Giulio Verne, seppure vergò pochi anni fa il suo romanzo). E pensate cosa sarebbe una « pascalina » elettrica, quale velocità di calcolo permetterebbe agl'ingegneri ed agl'architetti. Lo scrivente, in umiltà, non osa neppur rivolgere il pensiero a quali macchinari il calcolo elettrico potrebbe produrre di qui a cent'anni.
La nuova piattaforma tecnologica che viene introdotta quest'anno permetterà certamente a tutti noi un radicale miglioramento delle condizioni di lavoro. Non prendetemi per un ottimista estremo: mi rendo conto che non è tutto oro quel che luccica alla luce delle lampadine. Inoltre, per essere realista, devo ampiamente ammettere che senza una valida connessione di rete si ottiene ben poco. E, nel nostro Paese, questa è alla portata soltanto di chi risiede nelle grandi aree urbane, mentre gli abitanti dei borghi rurali e chi risiede sulle pendici di una montagna resta al buio.
Quel che più importa è che è ormai chiaro a chiunque abbia occhi per guardare che questa tecnologia non è una innovazione isolata: è una piattaforma, è la base su cui sviluppare importanti nuove tecnologie, che ci arricchiranno tutti anno dopo anno, e chissà dove si ritroverà l'umanità alla fine del secolo da poco iniziato.
Originariamente pubblicato in data 26/01/2006