Riavviamo Internet?
Riavviamo Internet?
La Internet Society, un ente senza scopo di lucro fondato nel 1992 per favorire lo sviluppo della rete Internet, è il braccio operativo di una organizzazione che i più informati tra i nostri lettori avranno già sentito nominare, e cioè IETF (Internet Engineering Task Force) che in buona sostanza è il responsabile ultimo del corretto funzionamento della rete Internet ai massimi livelli.
Internet Society ha proclamato l'8 giugno 2011 "giorno dell'IPv6".
Scopo dell'evento è di innalzare il livello di consapevolezza tra addetti ai lavori, politici, aziende e cittadini a proposito della necessità di aggiornare le fondamenta stesse della grande rete Internet. All'evento ha già aderito un gotha di aziende che annovera i più bei nomi della tecnologia mondiale, tra cui inizialmente Google, Facebook, Yahoo, Akamai e poi Sony, AT&T, Cisco e centinaia di altre.
La rete Internet oggi è un po' come una casa ancora comoda, efficace, confortevole ma che ha bisogno di un ammodernamento all'impianto elettrico che dimostra i suoi trentt'anni di esistenza. Grazie al cielo non si tratta di cambiare davvero i fili elettrici che collegano tra di loro i calcolatori e i nodi del Net, ma il cambiamento è sia altrettanto significativo che necessario.
Bisogna sapere che qualsiasi comunicazione in Rete (di qualsiasi tipo — posta elettronica, web, trasferimento documenti, voce, video) viaggia nella forma di pacchetti dati. A ben pensarci, la cosa è del tutto inevitabile: se nel vostro palazzo un coinquilino decide di acquistare e scaricare un intero film via Internet non è concepibile che la sua ingombrante richiesta monopolizzi tutta la capacità di trasferimento dati di cui è capace il singolo cavo che collega il palazzo alla rete Internet passando attraverso alla compagnia telefonica. In questi casi quel che avviene è che il film viene spezzettato automaticamente dagli apparati di rete in pacchetti, che viaggiano su quel cavo insieme ai vostri e a quelli di tutti gli altri utilizzatori simultanei della rete. Immaginate un filo teso sul quale marciano in fila indiana un gran numero di formiche, rosse e nere, portando ciascuna un carico (che nel nostro caso è un blocco di informazioni). Le formiche nere rappresentano il traffico dati del vostro vicino di casa mentre le rosse simboleggiano i pacchetti di cui voi stessi siete responsabili.
Naturalmente ogni formichina deve sapere da dove viene e anche dove va (per esempio, dal sito della compagnia cinematografica e verso il calcolatore del vostro vicino). Per garantire che il traffico non si perda per strada, va instradato e indirizzato. Le regole che vengono rispettate da tutti gli apparati di telecomunicazione digitale al mondo in tal senso si chiamano collettivamente IP, e cioè Internet Protocol. Come tutte le buone leggi, efficaci e utili, anche IP è stato in passato ritoccato dai "legislatori" dello IETF. Oggigiorno la quasi totalità del traffico sull'Internet segue i dettami di IP versione 4, la revisione entrata in vigore nel 1980.
Proprio come un impianto elettrico datato, o come una legge che ha bisogno delle attenzioni del legislatore e di qualche articolo in più per fare fronte ai cambiamenti della società, è oggi opportuno rimpiazzare e ammodernare IP versione 4 (in sigla IPv4). Anzi, questa necessità è ben nota e studiata da parte degli ingegneri informatici di tutto il mondo, tanto che la nuova versione, IPv6, è stata preparata e ratificata da quasi vent'anni, e per la precisione dal 1992. Ma oggi le regole di IPv6 vengono seguite solo dal due per mille degli apparati e dei pacchetti dati, mentre in novantanove virgola otto per cento è ancora allineata al vetusto IPv4.
Passare da IPv4 a IPv6, cambiare le regole del traffico a un livello così basilare è un po' come cambiare di sana pianta il codice della strada. Immaginate cosa succederebbe in Inghilterra se il governo decretasse che dalla mezzanotte del primo gennaio del prossimo anno gli automezzi vanno guidano sulla destra come nel resto d'Europa e non sulla sinistra. Ora immaginate cambiamenti altrettanto importanti in tutto il mondo e giudicate in che stato si troverebbero le strade il primo gennaio 2012.
Il motivo per cui dal 1992 ad oggi non s'è fatto quasi nulla per aggiornare apparati e programmi software da IPv4 a IPv6 è banale: il sistema funziona abbastanza bene così com'è ora e l'idea di cambiare tutto fa venire un gran mal di testa agli ingegneri e provoca fitte al portafoglio dei manager delle società di telecomunicazioni. Il motivo per cui oggi non si può attendere oltre e bisogna affrontare la problematica è che il traffico, letteralmente, non può più andare avanti così. Come abbiamo accennato, ogni pacchetto deve sapere da dove viene e dove va, va indirizzato insomma, proprio come una busta nel sistema postale. Il 15 aprile di quest'anno però l'ente preposto all'assegnazione degli indirizzi ha terminato l'assegnazione di tutti quelli che c'erano a disposizione.
Quando, all'inizio degli anni Ottanta, venne progettato IPv4 nessuno poteva immaginare il boom delle telecomunicazioni che abbiamo vissuto negli anni Novanta e gli ingegneri ritennero sufficiente allocare un totale di quattro miliardi di possibili indirizzi in uso al mondo. Per di più, sino all'inizio degli anni Novanta si scialò nell'assegnare e regalare gli indirizzi disponibili. Piccole aziende ed enti che avevano bisogno di posizionare in Rete un sito o due si vedevano assegnare 256 indirizzi. Alla media impresa venivano di routine regalati 65.536 indirizzi per volta e ai più grandi attori del campo vennero elargiti milioni di indirizzi alla volta: indirizzi che a tutt'oggi costoro non usano e che i più altruisti stanno anche cercando di restituire alla collettività, ma che da allora sono marcati negli indirizzari di tutta la Rete come appartenenti a questo o quell'assegnatario e dunque da instradare in un certo modo.
Una ipotetica multinazionale costituita oggi che domani volesse inaugurare un sito web in ogni nazione del mondo, collocando in ciascuna di esse un server con la copia localizzata del sito, non ci riuscirebbe, perché non si trovano più blocchi di 256 indirizzi disponibili. I nuovi arrivati oggi si vedono assegnare qualche scampolo rimasto libero, qualche indirizzo riciclato, ma non si può andare avanti per molto perché nuove richieste arrivano in continuazione e le nuove creazioni superano di gran lunga le dismissioni di servizi di rete non più necessari.
Da questo stato di cose nasce l'iniziativa del "giorno di IPv6". L'otto giugno le imprese citate mettono contemporaneamente tutti i loro servizi Internet in linea attraverso il protocollo IPv6 e si prendono la giornata per studiare le problematiche, testare i sistemi, parlarsi e fare qualche passo avanti. Google, per esempio, appare perfettamente funzionante all'indirizzo http://ipv6.google.com per chi ha una connessione moderna. Chi invece prova a raggiungere quell'indirizzo ma non vi trova nulla sta usando una connessione di Rete non ancora compatibile con IPv6.
Si prevede che il traffico di dati che segue le regole di nuova generazione aumenterà del cinquanta per cento in un sol giorno… passando dal due al tre per mille del totale! (Il nostro esempio a proposito del cambio di codice della strada è solo una metafora: IPv4 e IPv6 possono convivere e già in piccola parte convivono sui medesimi cablaggi, mentre non è immaginabile una rete stradale in cui alcuni veicoli guidano tenendo la destra e altri sulla sinistra, contemporaneamente).
Cosa debbono fare enti, aziende e cittadini per arrivare preparati alla nuova era della Rete? I primi devono cominciare a interrogare i loro fornitori e chiedere che piani siano in atto per rendere siti web e servizi di rete accessibili attraverso il protocollo IPv6. Gli ultimi possono accertarsi, quando acquistano un nuovo dispositivo o apparato, che sia già predisposto per il nuovo protocollo. Per esempio, chi usa sistemi Macintosh o Linux (di tutti i tipi), Windows Vista o 7 può stare tranquillo, ma chi ancora si affida al vecchio Windows XP deve far conto di ammodernarsi se vuole che il suo calcolatore possa navigare anche con IPv6.
Non ci attendono sono difficoltà, ma anche indubbi vantaggi. Quando (sotto IPv6) gli indirizzi di rete disponibili saranno bizzeffe, sarà possibile sia tecnicamente che economicamente far rispondere in rete una gran quantità di dispositivi. Per esempio, la compagnia olandese NXP ha già lanciato sul mercato delle lampadine a LED dotate individualmente di indirizzo IPv6. Una confezione da cinque costa sui cinquanta euro. Tenete presente che le lampadine ai LED sono quasi inesauribili ed è da loro che dipende il prezzo, mentre l'elettronica per la connessone in rete con IPv6 non costa quasi nulla. I bulbi possono venire accesi e spenti individualmente da software, permettendo a chiunque di pilotare tutte le lampadine di casa ovunque si trovi. Con la medesima facilità potremo presto chiedere al forno di preriscaldarsi quando siamo sulla strada di casa, abbassare e alzare il riscaldamento andando dalle ferie, aprire la porta di casa all'addetto alle pulizie se siamo bloccati nel traffico e lui ci sta aspettando davanti all'uscio. Oppure — e il vostro articolista deve ammettere che questo è un suo sogno personale di lunga data — mandare un segnale alle chiavi dell'auto in modo che il portachiavi si metta a fischiare ovunque sia stato dimenticato. Sì, sono un gran distratto.