Originariamente pubblicato in data 18/06/2005
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Piccola grande idea
Piccola grande idea
Il 19 aprile 2005 si è tenuta una conferenza stampa a proposito dei più recenti progressi in campo nanotecnologico. Noi eravamo presenti e abbiamo posto alcune domande.
Richard P. Feynman (1918-88), premio Nobel per la fisica, nel 1959 tenne una conferenza intitolata C'è un sacco di spazio in fondo
[1] in cui sosteneva l'opportunità di studiare la manipolazione di oggetti piccolissimi.
Nulla impedisce, dal punto di vista fisico, di trascrivere l'Enciclopedia Britannica sulla capocchia di uno spillo
, disse Feynman. Un altro scienziato, K. Eric Drexler, nel 1986 pubblicò un libro che fece scalpore,
I motori della creazione
(oggi gratuitamente disponibile nella versione originale inglese [2] e in traduzione francese [3]). Egli propose di costruire macchine piccole quanto una cellula, ma in grado di lavorare per noi assemblando materiali e costruendo altre
nanomacchine
.
Le nanomacchine sono ancora soltanto un sogno, ma il campo della
nanotecnologia
è, insieme con le biotecnologie, quello che negli ultimi anni ha misurato i maggior progressi. Nel 1991
uno scienziato giapponese, Sumio Iijima, dimostrò che combinando atomi di carbonio in costruzioni tubolari del diametro di soli cinque-dieci atomi si possono ottenere strutture che si comportano elettricamente come un transistor. I
nanotubi al carbonio
però sono cinquanta volte più piccoli del più piccolo transistor. I primi
nanocircuiti
funzionali, ottenuti combinando i nanotubi, sono del 2002. Nanotubi e
buckyballs
(strutture analoghe ma sferiche) sono anche caratterizzate da una eccezionale robustezza: esistono prototipi di tessuti ottenuti sulla loro base, che dimostrano ineguagliate proprietà tensili.
Link
1. C' un sacco di spazio in fondo
2. Engines of creation
3. Engines of creation in francese
Il 19 aprile 2005 si è tenuta una conferenza stampa, organizzata dalla prestigiosa rivista scientifica
Science
, a proposito dei più recenti progressi in campo nanotecnologico. Noi eravamo presenti e abbiamo posto alcune domande, a nome dei nostri lettori, agli scienziati intervenuti.
Il 19 aprile si è tenuta una conferenza stampa, organizzata dalla prestigiosa rivista scientifica
Science
, a proposito dei più recenti progressi in campo nanotecnologico. Noi eravamo presenti e abbiamo posto alcune domande, a nome dei nostri lettori, agli scienziati intervenuti.
D:
Potete darci una idea del motivo per cui le nanotecnologie sono così importanti?
Baughman: un oggetto di quella scala ha una dimensione compresa tra uno e cento nanometri. Cento nanometri sono un millesimo del diametro di un capello umano. Le proprietà di questi costrutti possono essere straordinarie e molto più utili di quelle dei materiali tradizionali. Per esempio, è possibile trasportare energia elettrica senza resistenza o dispersione. Le nanoparticelle accettano anche cariche relativamente enormi per iniezione elettrochimica, creando muscoli artificiali, condensatori superlativi e sensori di nuova concezione.
D:
Quali problemi vanno sovrastati per produrre materiali nanotecnologici in vaste quantità?
Buriak: La natura è abilissima nel costruire oggetti nelle dimensioni da uno a cento nanometri, ma per noi è una sfida fare lo stesso sinteticamente. I chimici sono già abituati, da secoli, a lavorare su queste scale; ma per gli ingegneri e e i fisici è una vera sfida che va vinta per combinare quei due mondi. I materiali vanno prodotti con processi puliti, riproducibili in quantità, e nelle dimensioni e forme più utili per noi. Le loro proprietà biologiche e i potenziali effetti vanno testati a fondo.
Baughman: Sono d'accordo. Nessuno riesce ancora a sintetizzare un nanotubo al carbonio con una forma completamente predefinita, e anche una sottile variazione può introdurre cambiamenti drastici nelle loro proprietà. La loro produzione di massa oggi produce circa il 40% di impurità.
D:
Potete farci qualche esempio concreto di applicazioni che si stanno studiando nei laboratori?
Williams: Parliamo, per esempio, di celle solari. Quello che succede in una cella è che un raggio di luce, un fotone, colpisce il pannello e libera elettricità, un elettrone. Questo elettrone deve muoversi, fare corrente, per essere utile: quindi ci serve una interfaccia. Per ottenere celle solari molto efficienti ci servono molte interfacce. Oggi stiamo progettando pannelli solari le cui interfacce sono separate da distanze sui dieci, venti nanometri.
D:
In campo aerospaziale, le proprietà fisiche dei nanotubi al carbonio — per esempio, la loro straordinaria robustezza — potrebbero in teoria portare a una vera rivoluzione. Eppure non abbiamo ancora visto materializzare queste promesse, perché?
Baughman: le applicazioni concrete sono state ritardate da una serie di motivi. Primo: i nanotubi a singolo strato oggi sono costosissimi da produrre, al punto da renderli proibitivi. Ma questo potrebbe cambiare nel breve periodo. I nanotubi a doppio strato invece sono ragionevolmente economici e per questo motivo sono stati utilizzati sin dal 1992, con mediamente venti tonnellate prodotte e utilizzate nel campo, per anno. Secondo, è difficile conservare le straordinarie proprietà dei nanotubi quando li combiniamo tra loro per formare tessuti e laminati. In questo campo si stanno facendo passi da gigante. Per esempio, oggi abbiamo fibre ottenute con nanotubi al carbonio che si dimostrano più resistenti di qualsiasi fibra esistente. Questa forza, questa capacità di assorbire energia senza infrangersi o strapparsi, è molto importante per le applicazioni aerospaziali.
D:
Nel campo dell'elettronica di consumo che cosa avverrà, invece?
Buriak: Alcuni benefici ci sono già stati. I moderni LED e gli schermi piatti di cui facciamo uso oggi (quelli introdotti sul mercato negli ultimi due anni) sarebbero impossibili senza le nanotecnologie.
Baughman: L'uso delle nanotecnologie consentirà l'introduzione di apparecchi elettronici basati su tessuti. Per esempio, un vestito di fibre nanotecnologiche potrebbe funzionare come una batteria per alimentare gli apparecchi che portiamo con noi, come i telefoni cellulari. Contemporaneamente, la sua robustezza lo renderebbe una protezione balistica [un giubbotto antiproiettile, NdR]. Altre applicazioni si avranno nel campo della telemedicina, perché i sensori incorporati nella veste potranno percepire lo stato di salute del proprietario. In prospettiva, la stessa porosità del materiale tessile potrà venire variata dal proprietario per offrire il massimo confort con tutte le temperature.
D:
E in campo militare?
Buriak: I militari sono interessati a quest'ultimo aspetto. Materiali che rispondono all'ambiente. Sono alle prime fasi di progetto alcuni tessuti che possono neutralizzare le armi chimiche, impartire su richiesta medicamenti, regolare la temperatura corporea.
D:
La rivoluzionaria idea che ha dato origine alla ricerca è quella di nanomacchine che producono per noi altri macchine oltre che materiali, i "motori della creazione". È ancora attuale? Se sì, che tempi vi aspettate?
Buriak: Abbiamo già un paradigma per questo comportamento, la biologia. Le cellule viventi contengono molecole che si sanno replicare (il DNA con lo RNA) e sanno produrre nuove molecole come le proteine. Ma serve una fonte di energia. Nella biologia il processo è chimico, ma molto complesso e sofisticato, e ci vorranno dieci o vent'anni perché le nanotecnologie possano approcciare quel livello di sofisticazione. E a quel punto dovremo sottostare a tutte le norme di sicurezza e di contenimento biologico che si usano nelle biotecnologie.
D:
La gente è poco informata sulle nanotecnologie. Non c'è il rischio che questa disinformazione provochi paura, come è avvenuto per gli OGM, e che si inneschi un rifiuto di massa?
Buriak: La nanotecnologia ha molto da imparare dalle biotecnologie. Molte persone non si fidano della sicurezza degli OGM. Le nanotecnologie sono così giovani che noi abbiamo l'opportunità di fare tantissima ricerca. Il mio gruppo sta studiando il comportamento delle nanoparticelle nel sangue per lunghi periodi, altri studiano l'inalazione nei polmoni, altri ancora l'infiltrazione nelle acque per vedere se c'è qualsiasi rischio di inquinamento.
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La prof. Jillian Buriak insegna all'Università di Alberta in Canada e si occupa di nanotecnologie inorganiche. Ha guadagnato fama internazionale con la scoperta di catalisti metallici solubili per la sintesi organica.
Il prof. Ray Baughman insegna chimica all'Università del Texas. Si è occupato si sviluppare tecniche a basso costo per la fabbricazione dei nanotubi al carbonio, realizzando muscoli artificiali cento volte più forti di quelli naturali e il tessuto più robusto del mondo.
La prof. Ellen Williams insegna all'Università del Maryland negli USA. Si occupa di ricerca pura nel campo delle nanotecnologie.