E io mi compro l'ibrida
Cos'hanno in comune un'auto e un portatile moderni? Un gran bisogno d'energia. I costruttori si stanno dando da fare in entrambi i comparti.
La prossima settimana il concessionario mi consegnerà l'auto nuova. Una mano sulla coscienza e una sul portafoglio, questa volta l'ho comprata ibrida. Una Honda Insight. Prezzo di listino nell'allestimento che ho scelto, 22.200 euro, ma visto che sta per uscire il nuovo modello ho portato a casa quello corrente per 17.500. Non son pochissimi, ma me lo posso permettere.
Certo, un'auto elettrica sarebbe più ecologica, e di molto. Ma i numeri fanno spavento. Non solo quelle del prezzo, che pure fa tremare le gambe: c'è un piccolo incentivo statale grazie al quale la Nissan Leaf, probabilmente il modello migliore e sicuramente il più popolare, costa soltanto 38.000 euro.
Il problema vero è che le elettriche hanno una autonomia ancora ridotta (tra gli 85 e i 170 chilometri, a seconda dell'uso -- si fa più strada marciando più lentamente) e richiedono molto tempo per la ricarica (se fate loro assorbire tutta la corrente che può ricevere un'abitazione tipica, cioè tre chilowatt, ci mettono tutta la notte a fare il pieno). Se poi non avete il box di proprietà, non potete neppure iniziare a prenderla in considerazione. Con questi presupposti non c'è da stupirsi se le elettriche fanno quote di mercato risibili. Secondo il Corriere della Sera in Italia se ne immatricolano pochissime: il quotidiano ha preso in esame un periodo di sei mesi durante il 2011, e ne ha registrate solo centotre.
Ciò detto, se vinco al superenalotto mi compro una Tesla Roadster, auto fenomenale e dalla autonomia importante grazie alla gran qualità dei materiali impiegati: ma costa più di centomila euro e, per la verità, io non gioco mai al superenalotto.
Le prestazioni infime e i costi astronomici non sono colpa dei costruttori, è colpa della fisica: la benzina contiene una densità di energia che è ottanta volte superiore a quella di una batteria agli ioni di litio. Non è un caso se ogni tanto nel mondo dell'informatica spunta fuori qualcuno che si immagina batterie combustibili per calcolatori portatili, nonostante le palesi difficoltà che il sistema presupporrebbe. Grazie al cielo, la Intel che si sente minacciata dall'invasione di telefoni cellulari intelligenti e sistemi tablet come iPad, sta finalmente impegnandosi nello sviluppo di processori a basso consumo com'era il vecchio e mai sufficientemente lodato PowerPC che i Mac adottavano una decina di anni fa. Ma questa è un'altra storia; torniamo alle auto.
Le auto ibride invece fanno più strada. E più strada hanno fatto. Il primo modello a fare numeri importanti è stata la Prius di Toyota, introdotta nel 1997 e poi per due volte reingegnerizzata. Già nel 2004 ha superato i diecimila pezzi venduti. Oggi la Toyota ne offre una serie di varianti: quella monovolume (per ora solo negli USA), quella a sette posti è stata presentata nel 2011, e quest'anno dovrebbe arrivare sul mercato quella che si può attaccare alla presa di corrente per caricare al massimo le batterie e poi utilizzata in modalità esclusivamente elettrica per una ventina di chilometri di tragitto urbano.
I consumi sono decisamente più bassi rispetto a quelli di un'auto tradizionale. La "mia" Insight fa cento chilometri d'autostrada con 4,5 litri (una Prius ne consumerebbe solo 3,8 ma una Punto di pari cilindrata, per fare un paragone, ne beve 5,4). Nel ciclo urbano la differenza si vede di più: sono 7.9 litri richiesti dalla Punto contro 4,7 della Insight e 4,0 della Toyota).
La vita è fatta di compromessi; questo è il mio.
Originariamente pubblicato in data 05/02/2012