L'IMPASSE DELLA DISINTERMEDIAZIONE
LA FILIERA DISTRIBUTIVA ITALIANA - PARTE 2
In questa seconda puntata della rubrica “L’impasse della disintermediazione” (vedi parte 1), andiamo a dettagliare la struttura della catena distributiva italiana.
Il territorio italiano è caratterizzato da un insieme di realtà imprenditoriali di piccole-medie dimensioni, spesso di tipo familiare, la cui proprietà si pone l’obiettivo di generare profitto mantenendo il controllo delle quote azionarie. A tal fine, queste imprese sono restie al “turnover” della compagine sociale ed evitano di quotarsi.
In questo contesto, le modalità di vendita rimangono tradizionali, prevedendo dei canali di vendita indiretti con la presenza di numerosi intermediari commerciali nella filiera:
- La forza di vendita diretta (lato produttori), formata dal personale d’impresa che può operare nelle sedi e nelle filiali oppure spostarsi sul territorio;
- Gli agenti del produttore, che operano in nome e per conto delle imprese manifatturiere di piccole dimensioni che non hanno una forza di vendita;
- I broker, soggetti che fungono da mediatori nelle trattative che coinvolgono acquirenti e venditori;
- I grossisti, i quali acquistano elevati volumi di prodotti occupandosi successivamente del loro stoccaggio in magazzino e del loro trasporto e i quali forniscono a produttori e rivenditori un’ampia gamma di servizi tra cui formazione degli assortimenti, assistenza e consulenza. Spesso i grossisti si avvalgono di ulteriori agenti;
- I dettaglianti, l’anello di congiunzione tra produttore e consumatore finale;
Tenendo in considerazione quanto descritto, le imprese italiane potrebbero domandarsi: “E’ giusto appoggiare il processo di disintermediazione focalizzandosi sul canale online?” o ancora, “E’ profittevole vendere esclusivamente per mezzo di canali diretti?” Spesso la domanda vera è “La vendita diretta online sarà vista come “concorrenza” dal mio canale distributivo tradizionale?”
Purtroppo in Italia, un grande ostacolo al sistema innovativo della vendita online eseguita direttamente dal produttore è costituito dalla catena distributiva, un sistema che si poggia sulla fiducia reciproca tra imprese, secondo la quale, in una visione d’insieme, la collaborazione nella filiera permetterebbe di stabilire il prezzo finale del prodotto consentendo poi il guadagno di tutti i soggetti coinvolti nei rapporti verticali e orizzontali.
La capillarità e la lunghezza di questo sistema sono talvolta sbalorditive! Il povero prodotto, prima di giungere a destinazione dal consumatore finale, subisce una serie di passaggi di mano, in un viaggio che sembra non terminare mai.
La decisione di vendere la propria merce su un canale diretto sembrerebbe allora vincente; qual è quindi il motivo che frena le PMI dal vendere online?
Osservando con attenzione lo scenario italiano, la risposta appare chiara: la paura di fare una mossa sbagliata, come la decisione di tradire un partner di filiera, potrebbe portare gravi danni a tutta la filiera distributiva, generando come risultato un calo dei profitti dei partners, passaparola negativi e limitazioni all’operatività della “impresa traditrice”, che in questo modo rischierebbe di essere estromessa dal mercato.
Dunque, il rischio risiederebbe nella probabilità che nella filiera possano insorgere dei conflitti di canale e diverbi tra parti commerciali, dove alcune parti potrebbero ritenere che altre, spinte dal proprio interesse, cercherebbero di massimizzare i profitti a scapito delle altre imprese di filiera.